lunedì 23 settembre 2013

Nuovo indirizzo


Ebbene sì, questo luogo di soli racconti ha definitivamente traslocato, un nuovo blog in cui oltre ai racconti mi diletto in frizzi lazzi e pinzillacchere:

Michele Cogni su Wordpress





venerdì 26 aprile 2013

Elisa - Rosse come il Peccato


 
 
 
Elisa
Rosse come il Peccato



L'ora di chiusura era arrivata, le sette e trenta praticamente. Il proprietario del negozio stava iniziando a spegnere le luci, dopo aver salutato le commesse che uscivano, quando la vide arrivare trafelata ed entrare quasi di corsa.

<< Mi dispiace immensamente per l'ora, sono arrivata solo adesso. Posso ancora provare un paio di scarpe velocissima? O è troppo tardi?>>

Disse la ragazza affacciandosi dalla porta d'ingresso.

Lui le sorrise. Era Elisa, un'ottima cliente, oltre che una splendida donna, perdipiù amante di scarpe con tacco alto e di cose più sofisticate delle innumerevoli noiose e poco sensuali sneaker che lui vendeva in maggioranza.

<<Ciao.>>

Le rispose lui.

<<Ma certo, ci mancherebbe. Vieni, entra che arrivo subito.>>

Finì di abbassare le luci della vetrina nella configurazione notturna e una delle serrande esterna e si avvicinò a lei, che intanto era entrata.

<<Eccomi. Sono tutto tuo.>>

Disse l'uomo con un sorriso ironico.

<<Cosa avevi in mente?>>

Lei lo guardò ridendo.

<<Guarda che potrei prenderti in parola. La mia mente è una fucina di idee!>>

Rispose lei con un sorriso stuzzicante e quel lieve accento toscano che a lui era sempre piaciuto moltissimo.

Entrambi iniziarono a ridere.

<<Battute a parte>> Aggiunse lei. <<Volevo provare quelle magnifiche opentoe rosse con il tacco altissimo che hai in vetrina.>>

<<Ottima scelta direi, il 38 arriva subito>>

Replicò lui, ricordandosi il suo numero, cosa che le strappò un altro sorriso, e andando rapidamente nel retro del negozio a prendere la scatola. Ritornò subito dopo con la scatola blu di Sergio Rossi in mano, tolse le scarpe da dentro e le passo alla ragazza, tutto senza distogliere lo sguardo dal suo.

Lei le prese in mano, quasi con riverenza. Erano veramente splendide. In vernice rossa fiammante, con il tacco di 13 centimetri e un alto plateau anteriore, e solo leggermente aperte in punta. Si sedette sul divanetto di pelle chiara, mostrando ancora di più le gambe, già decisamente esposte sotto la corta gonnellina a pieghe nera che indossava e si sfilò elegantemente le décolleté nere che indossava.

Lui come sempre restò turbato dalle sue splendide gambe e dai suoi piedi molto sensuali, ora inguainati da calze a rete ampia nere, che non nascondevano lo smalto rosso fuoco, in tinta con quello delle mani. Il profilo dell'ampia fascia di pizzo delle autoreggenti apparve provocante mentre lei indossava le due scarpe rosse. Poi lei si alzò facendo qualche passo in direzione dello specchio.

È davvero immensamente sexy con quelle scarpe. pensò l'uomo.

L'outfit che indossava poi, molto serio, con camicia bianca e giacca stretta nera sopra la gonna corta, faceva risaltare ancora di più il fascino di quelle scarpe rosse, come se un incendio di sensi iniziasse a svilupparsi dalle sue estremità in attesa di propagarsi al resto del suo bellissimo corpo.

<<Ti stanno davvero bene. Magnificamente direi>> Disse lui, mentre la ragazza si pavoneggiava un po' davanti al grande specchio a parete.

<<Sì è vero. Mi piacciono davvero tantissimo.>>

<<Certo peccato per quella calza a rete nera, che decisamente non è adatta alla scarpa, senza renderebbero molto di più>> Aggiunse lui, sorridendo.

Lei si guardò ancora, con un'espressione un poco imbronciata, mordendosi il labbro inferiore, come se stesse riflettendo intensamente, forse sulle sue parole.

<<In effetti è vero>> Disse togliendosi la scarpa destra e appoggiando sul pavimento il piede. Quindi in modo estremamente naturale mise le mani sotto la gonna e abbassò il bordo di pizzo della calza sfilandosela rapidamente.

Lui deglutì forte un paio di volte. Quel gesto apparentemente sbarazzino lo eccitò fortemente. Mentre lei, con la calza che pendeva dalla mano, rimetteva la scarpa, lui sentì ergersi forte l'eccitazione sotto i jeans, così repentina e intensa da essere sicuramente evidente allo sguardo.

<<Così è davvero molto meglio non trovi?>>

Disse lei, guardandolo in modo provocante.

<<Sì! Assolutamente meglio>> Rispose

<<Così è proprio perfetta, sembrano fatte apposta per te.>>

<<Sì, le sento magnificamente davvero. Peccato solo per il prezzo esagerato. Dovresti farmi uno sconto extra per lo strip.>>

Replicò lei sorridendo ancora e agitando la calza con la mano, in modo insieme ironico e peccaminoso.

Lui rise.

<<Ah questo è sicuro. Dieci per cento di sconto per la calza!>>

Rise anche lei.

<<Allora aggiungiamo l'altra e arriviamo al venti per cento.>>

Disse lanciandogli la calza che aveva tra le mani. Lui l'afferrò al volo, trattenendosi a fatica dal portarla sul viso e annusarla. Aveva sempre avuto una passione per i piedi e le gambe delle donne, e la sola presenza di quella calza a rete tra le mani lo stava eccitando davvero oltre misura. I pensieri volavano frenetici, intrecciandosi in infinite fantasie sempre più perverse.

Intanto Elisa guardandolo negli occhi si era tolta la scarpa sinistra e si stava sfilando, molto più lentamente di prima, l'altra calza a rete. Quando fu tolta se la passo sul viso, ammiccando e ridendo, quindi gli lanciò anche quella e si rimise la scarpa.

Lui restò in silenzio a guardarla, con quelle calze in mano, strette tra le dita, che lievi le accarezzavano immaginandole ancora su quelle magnifiche, atletiche gambe.

<<Quindi ora siamo al venti per cento.>>

Disse lei, avvicinandosi.

<<E così fa trenta?>>

Chiese, sollevando interrogativa il sopracciglio destro mentre si sfilava la giacca nera e la gettava su uno dei divanetti.

Lui comprese che stavano per perdersi in un gioco che non si sa dove avrebbe portato, un gioco che però lo stava intrigando oltre misura.

<<Certamente. Ora siamo a trenta.>>

Rispose lui sorridendo, e questa volta stringendo le calze nel pungo e passandole davvero ostentatamente sul viso.

Vuole giocare? Pensò lui. E allora giochiamo!

<<Offri di più?>> Aggiunse guardandola con aria di sfida.

Lei rimase immobile alcuni secondi, pensierosa. Valutando la situazione. Fino a quel momento era stato un gioco, scherzoso, poteva terminare lì la cosa, comprare le scarpe e tornare a casa, oppure...

Oppure posso scoprire fino a dove possiamo arrivare con questo gioco. Pensò lei.

In fondo quell'uomo le piaceva, era simpatico, intrigante, e aveva saputo anche alcune cose piccanti sul suo conto che l'incuriosivano.

Senza dire nulla lei iniziò quindi a aprire lentamente, molto lentamente i perlacei bottoni della camicia bianca. Poco a poco apparve un reggiseno blu intenso, semitrasparente, che le fasciava il seno in modo delizioso lasciando appena intravedere i piccoli rosei capezzoli. Terminati i bottoni, aprì ostentatamente le braccia verso il basso e lasciò che la camicia scivolasse a terra. Sorridendogli con aria di sfida.

<<Che magnifico spettacolo!>>

Disse l'uomo.

<<Ora siamo a quaranta.>>

E attese, sempre guardandola e accarezzando le calze tra le dita in modo provocante.

<<No. Cinquanta!>>

Replicò lei mentre con gesto rapido abbassava la zip laterale della gonna, che cadde ai suoi piedi, intorno alle scarpe rosse, oggetto principale del gioco.

Che paradisiaca visione! Pensò lui.

Lei fece un passo avanti, lasciando dietro di se la gonna e restò in piedi di fronte all'uomo. Ora oltre alle scarpe aveva solamente il reggiseno e delle bellissime culotte, sempre blu, che le fasciavano i fianchi e il sedere in modo decisamente accattivante.

Lui si morse il labbro per riuscire a trattenersi dall'allungare le mani e sfiorare la sua pelle chiara. Poteva percepirne il calore, il profumo. La voglia di accarezzarla, baciarla, assaporarla era ormai irresistibile.

Riuscì però a sorriderle e sfidarla ancora.

<<Cinquanta è un ottimo risultato direi. Abbandoni?>>

Lei avvicinò il viso al suo, molto vicino. Sentì il profumo del suo rossetto, del suo collo mentre si avvicinava con le labbra all'orecchio e gli sussurrava piano.

<<Io non abbandono mai. E vinco sempre. Sappilo.>>

Quindi passò le mani dietro la schiena e in un lampo il reggiseno cadde in avanti. Lui istintivamente aprì la mano afferrandolo prima che cadesse e lo sollevò, mostrandolo come un piccolo trofeo.

<<Sei a sessanta ora.>>

Le disse con uno sguardo di impazienza, come a esortarla a mettere in pratica la sua ultima affermazione.

Lei si voltò, facendo qualche passo verso lo specchio, donandogli la magnifica visione del suo sedere che oscillava, stretto nelle culotte. Poi sempre girata di schiena portò le mani ai lati dell'intimo e mise le dita sotto l'elastico tirandolo un poco verso l'esterno. Lentamente, molto lentamente le abbassò verso le ginocchia, piegandosi leggermente in avanti e offrendogli una paradisiaca visione che turbò oltremodo i suoi già più che lussuriosi pensieri. Infine anche le culotte caddero tra le scarpe che lei scavalcò girandosi e tornando verso di lui.

Ora indossava solo le scarpe rosse. La visione di quella nudità sensuale e provocante gli faceva bollire il sangue. Non riuscì a non guardare a lungo tra le sue gambe, quella totalmente liscia porzione di pelle che lasciava intravedere uno splendido rosato tra le labbra intime e preannunciava infiniti piaceri. Avrebbe solo voluto gettarsi tra quelle gambe per baciare, leccare, gustare, succhiare e stringere senza smettere più.

Lei lo guardava con aria di vittoria, con una naturalezza e sfrontatezza provocante. In fondo era poco più di una sconosciuta, e ora completamente nuda davanti a lui vestito. La situazione era decisamente inusuale e estremamente eccitante.

<<Ok. Hai vinto.>>

Disse l'uomo, così irresistibilmente attratto da quella assoluta nudità, così vicina, così sfrontata.

<<E adesso cosa devo fare?>>

Aggiunse lui.

<<Ora devi pagare pegno.>>

Rispose lei, avvicinandosi ancora di più. Gli prese le calze e il reggiseno dalle mani. Lasciò cadere a terra il reggiseno senza curarsene e si portò dietro di lui, accarezzandogli distrattamente la spalla sinistra. Poi gli fece scivolare le dita sottili e forti lungo le braccia portandogli le mani dietro la schiena, quindi gli unì i polsi legandoli stretti con le due calze a rete intrecciate.

Tornò davanti, guardandolo negli occhi. Lo sguardo dell'uomo era stupito, curioso e forse un poco spiazzato. Senza dire nulla gli appoggiò le mani sulle spalle e lo spinse verso il basso. Si lasciò spingere in ginocchio senza opporre resistenza e lei si avvicinò ancora.

Ora, anche grazie ai tacchi a spillo, il suo glabro invitante intimo era praticamente contro il suo viso. Sentì l'odore del suo desiderio e avvicinò istintivamente la bocca mentre lei apriva di più le gambe, offrendogli la vista dell'eccitazione che imperlava le sue intime labbra. La bocca di lui si aprì e la lingua assetata le penetrò tra le gambe, provocandole un forte brivido di eccitazione e un gemito animalesco di piacere.

La lingua poco a poco affondò sempre di più, mentre le labbra stringevano e succhiavano stuzzicando intensamente il clitoride rosso, duro e eccitato. Le mani di Elisa si posarono sulla sua testa stringendo e premendo, spingendolo ad affondare ancora di più la bocca e la lingua, a leccarla più forte, sempre più profondamente e ritmicamente. Lei poco a poco sentì l'orgasmo avvicinarsi, ma non voleva ancora godere, era troppo presto, voleva assaporare di più quella situazione, quindi si staccò e si girò, dandogli le spalle. Piegando il busto verso il basso poi arretrò nuovamente porgendogli il suo splendido culo e spingendolo sulla sua bocca.

Affondò ancora la lingua, questa volta dietro, leccandole a fondo il culo e scendendo poi lungo il perineo, strappandole altri gemiti di piacere e lambendo su e giù in ogni punto sensibile.

Se è bravo con il resto come con la bocca, sarà davvero una serata indimenticabile.

Si disse lei, mentre quella lingua famelica non smetteva un attimo di solleticarla e eccitarla, finché si abbandonò a un lungo intenso e profondo orgasmo.

Ripresasi dai tremiti del piacere decise di non dargli tempo di pensare troppo. Lui stava ancora assaporando sulla lingua e tra le labbra il dolce sapore del suo godimento, quando una di quelle lucenti scarpe rosse si appoggiò sul suo petto, spingendolo brutalmente a terra con la schiena, disteso supino.

Iniziò a camminargli intorno. Il ticchettio dei tacchi risuonava nel silenzio, vederla così da terra nuda e incombente, rese la sua eccitazione quasi parossistica. Se non avesse avuto le mani bloccate dietro la schiena dalle calze avrebbe dovuto assolutamente toccarsi, premere sull'erezione che gli toglieva il fiato.

Quasi gli avesse letto nella mente fu lei a farlo, posando una delle scarpe sui suoi jeans, proprio sopra l'evidente rigonfiamento. Prima accarezzò piano girando intorno con la punta e il tacco, costringendolo a mordersi le labbra per non gemere, infime appoggiò la suola dall'alto plateau e spinse più forte, sentendo la durezza, la voglia, prepotente sotto il suo piede.

Quando la spinta si fece intensa lui cedette, mugolando di piacere e di desiderio mentre la pressione aumentava, abilmente modulata da quella lunga sinuosa gamba, che giocando così apriva ancora e ancora alla vista quella fonte inesauribile di dolce piacere che lui aveva appena gustato.

Ma anche l'eccitazione di Elisa tornava sempre più. Quel gioco, quella situazione la eccitava oltre misura. Sentiva il desiderio che le contraeva i muscoli vaginali, sentiva la voglia bagnarle l'interno delle cosce. Premette ancora, soddisfatta della durezza e resistenza che incontrava la scarpa, infine, vinta dalla bramosia, dopo aver prolungato quella dolce sofferenza oltre il possibile si inginocchio al lati del suo corpo. Rapida slaccio la sua cintura, sbottonò i pantaloni e con un unico violento gesto tirò verso i piedi insieme boxer e jeans, liberando il suo pene eretto che balzò verso l'alto, tremando in sussulti incontrollati. Senza nemmeno sfilargli completamente i vestiti avanzò sulle ginocchia ai lati dei fianchi dell'uomo, gli afferrò il membro durissimo con la mano, stringendolo tra le dita con un intimo gesto di possesso, facendolo inarcare di piacere e gemere di desiderio, quindi rapida scese con il bacino su di lui.

Il duro maschile incontrò perfettamente il morbido, umido femminile e scomparve rapido in lei, mentre entrambi emisero un gemito di voluttà, all'unisono. Rimase un poco ferma, godendosi quella calda pulsante rigidità dentro, che la riempiva e stimolava così magnificamente, poi lentamente, molto lentamente cominciò a montarlo.

Lui, con le mani ancora bloccate dietro la schiena e le caviglie serrate dall'intreccio di jeans e boxer poteva solo assecondare i suoi movimenti inarcando il bacino mentre quella splendida amazzone saliva e scendeva lussuriosamente sul suo pene voglioso. Lei lo fissava, con uno sguardo insieme di passione e voluttà, nei suoi occhi rilucevano pensieri osceni e voglie sfrenate. Intanto si accarezzava da sola i seni, stringendo i piccoli rosei capezzoli eretti, duri e vibranti tra le dita.

Elisa venne al culmine della cavalcata, abbassandosi su di lui, baciandolo profondamente e con foga e mordendogli le labbra. Ma sentiva il suo membro ancora duro e forte dentro, che ritmicamente si irrigidiva solleticandola e stuzzicandola ancora. Senza dubbio lui era prossimo ad un fin troppo trattenuto orgasmo.

Si voltò, sedendosi sul suo viso, e, mentre la lingua famelica dell'uomo tornava in azione penetrante e lubrica tra le sue gambe, si prese qualche minuto per osservarlo. In effetti l'aveva scopato e stretto appena tra le dita, ma non l'aveva ancora quasi guardato. Si gustò quel tendersi frenetico, istintivo verso di lei, verso il suo viso che si era avvicinato a lui così tanto da sentirne l'odore. Odore di desiderio maschile, mescolato a quello del suo intenso orgasmo. Lo strinse ancora tra le dita, godendosi insieme le sensazioni sublimi che la lingua esperta dell'uomo le donava frugandola così profondamente e il caldo irrefrenabile desiderio che le palpitava nella mano.

La lussuria prese il sopravvento e passò la sua rossa tenera lingua su quell'asta pulsante. Lo sentì gemere contro la sua vagina fradicia, mugolare di piacere dentro di lei quando lo accolse tra le labbra, leccando, succhiando e ogni tanto stringendo appena con i denti, come adorava fare per miscelare così tremendamente piacere e dolore fino a fonderli insieme.

Lo condusse più volte a un passo dall'orgasmo, per poi fermarsi e lasciarlo mugolare di desiderio frustrato. Adorava quel tipo di sensazione, il divino potere di dispensare o meno piacere. Intanto, mentre riprendeva a stuzzicarlo con lingua e bocca, la sua piccola mano si era intrufolata più giù, solleticando e stimolando i testicoli e poi lasciando scivolare le dita lungo il perineo e fino al suo culo. Senza smettere di leccare e succhiare molto lentamente, così da non consentirgli di godere, introdusse il medio dentro di lui, prima giocando leggera sull'orlo, poi spingendosi sempre più a fondo, facendo salire i sospiri di piacere e la velocità della lingua che la penetrava. Godette così ancora, una terza volta nella sua bocca, mentre le dita dentro di lui erano diventate ora due. Sentì di nuovo dalle vibrazione del pene che l'orgasmo era imminente, così si fermò nuovamente, togliendo anche la mano.

Si sollevò dal corpo dell'uomo, spostandosi ai suoi piedi e sfilandogli completamente i pantaloni e boxer che erano ancora stretti intorno alle sue caviglie, quindi, tenendolo per i polpacci, si distese con le gambe sopra le sue e iniziò a sfiorargli il membro con le scarpe. Lo accarezzava con la punta, con l'interno e lo stringeva tra le due scarpe, muovendosi su e giù lentamente. Una lunga irresistibile tortura per l'uomo che, sollevata la testa, osservava la scena eccitato. Le gambe di lei aperte, spalancate. Le scarpe rosse fiammanti che le inguainavano così magnificamente i piedi strette intorno alla sua erezione e il volto peccaminoso, voglioso e eccitato di lei per il gioco che proseguiva sempre più.

Ad un certo punto, senza smettere di far scivolare su di lui la scarpa sinistra, spostò la destra più sotto, spingendo poco a poco il sottile lungo tacco di vernice tra le gambe, seguendo la strada aperta poco prima dalle sue dita viziose. Mentre il tacco lo penetrava strappandogli gemiti di piacere e stupore lei sfilò il piede sinistro dalla scarpa, lasciandola cadere a terra di lato e cominciò a stringergli il pene tra le dita. Si mosse così su e giù sempre più velocemente, strappandogli un grido di desiderio, finché quell'orgasmo tanto desiderato e frustrato esplose in una cascata di piacere che ricadde sul piede nudo di lei e sulla scarpa, coprendo la vernice rossa di grandi gocce bianche.

Si abbandonarono quindi a terra. Rilassandosi nel piacere e nella consapevolezza dei momenti appena goduti. Fu lei la prima a parlare.

<<Ma che porco. Guarda che hai fatto. Hai sporcato la mia scarpa nuova!>>

Disse ridendo e passando un dito sulla vernice, raccogliendo diverse gocce e portandoselo poi alle labbra. Si succhio il dito voluttuosamente emettendo un suono compiaciuto.

<<Già. È terribile.>>

Replicò lui sollevando a fatica la schiena da terra e mettendosi seduto.

<<Dovrò aggiungere un altro trenta per cento di sconto per farmi perdonare.>>

Aggiunse strizzandole l'occhio e sorridendo, mentre sforzando un poco spalle e braccia allentò la presa delle calze a rete e liberò le mani, raccogliendo poi la scarpa sinistra da terra, porgendogliela.

Risero entrambi.

<<La prossima volta dovrò legarti meglio mi sa.>>

Gli disse rimettendosi la scarpa sinistra e avvicinandosi per baciarlo.

<<Quindi avresti potuto liberarti in qualsiasi momento?>>

Chiese ridendo quando staccò la bocca dalla sua.

<<No!>>

Replicò lui.

<<Solo quando faceva ridere!>>














lunedì 4 febbraio 2013

AUTOSTOPPISTA

 
 


Autostoppista


Marco sfrecciava lungo la litoranea. Certo si trattava di una strada molto più lunga e tortuosa rispetto alla nuova tangenziale interna, ma proprio per quello la preferiva, soprattutto in questo periodo dell'anno. L'inverno si stava avvicinando e quindi la zona era pressoché deserta, tranne la domenica, quindi poteva divertirsi con la sua auto sportiva.

Le continue curve, salite e discese, unite allo splendido panorama facevano di quella strada un luogo perfetto dove divertirsi per chi amava guidare, e insieme pensare in libertà. Ora era giunto ai due tornanti in discesa che conducevano al lungo rettilineo della spiaggia di cala nascosta, così come la chiamavano da sempre gli abitanti del luogo, per via delle numerose spiaggette oltre quella principale, celate dietro i picchi di rocce aguzze che costellavano la costa.

In primavera e soprattutto estate era uno dei luoghi più affollati della zona, ma ora il lungo fiume di sabbia chiara era splendidamente liscio e deserto. Con uno stridio delle gomme il coupè nero affrontò le due strette impervie curve, quindi accelerò percorrendo il lungo rettilineo. Si stupì nel vedere, ancora lontano, sul lato della strada una persona, che faceva segni con una mano. Rallentò così fino a fermarsi.

Si trattava di una ragazza, giovane avrebbe detto. Forse una ventina d'anni. Era abbastanza carina, capelli neri corti, a caschetto, pelle molto chiara. Indossava jeans, all star e una maglietta rossa. In effetti un poco troppo leggera per il clima della giornata, sebbene splendesse un bel sole. Abbassò il finestrino:

< Ciao> Le disse. <Hai bisogno di aiuto?>

<Ciao. Sì grazie. Mi servirebbe un passaggio fino in città> Rispose la ragazza.

Marco non ci pensò molto. Sbloccò le portiere e la invitò a salire.

La giovane salì, si sedette al suo fianco, sul sedile in pelle grigio scuro e gli sorrise. Un sorriso però che Marco trovò leggermente tetro, stirato. Stupidamente gli ricordò il sorriso della Gioconda, al Louvre. Scosse la testa e partì rombando.

La ragazza lo guardava, silenziosa.

<Io sono Marco> Disse. >Ma che ci facevo tutta sola qui?>

<Greta> Disse lei. <Ero con un ragazzo, ma abbiamo litigato e così me ne sono andata e l'ho mollato>.

<Capito> Disse lui sorridendo. <Capita sai. Però devi stare attenta, una ragazza giovane e carina come te, è pericoloso accettare un passaggio da uno sconosciuto. Potrei essere un criminale, o peggio un maniaco> Sorrise e le fece l'occhiolino all'ultima frase.

<Un maniaco? E se lo fossi che mi faresti? Mi costringeresti a fare sesso? E poi? Mi uccideresti?> Lei replicò, con una strana espressione negli occhi.

<Se fossi un maniaco è probabile, ma tranquilla, non sono un maniaco> Disse Marco, il cui sguardo era però ora attratto inequivocabilmente dai capezzoli eretti di lei, che si vedevano perfettamente sotto la maglietta. Evidentemente era senza reggiseno.

Lei notò lo sguardo e sorrise ancora: <Un po' maniaco però lo sembri, visto come mi guardi ora. Chissà che pensieri stanno attraversando la tua mente>

<Beh, è naturale> Rispose lui. <In fondo sono un uomo, sarebbe anormale non fare certi pensieri con seduta accanto una splendida ragazza come te, ma tranquilla, non farei mai nulla che non volessi anche tu> E le fece nuovamente l'occhiolino.

<Ah! Quindi se io volessi vendicarmi di quel bastardo andrebbe bene per te> Gli disse avvicinandosi un poco a lui sul sedile, e posando una mano sulla sua gamba.

Marco pensò si riferisse al ragazzo con cui aveva litigato. Se voleva vendicarsi di quel pirla che l'aveva lasciata sola sulla spiaggia non si sarebbe certo tirato indietro. Le sorrise e disse:

<Per me andrebbe molto bene, puoi fare tutto ciò che vuoi>

Lei allungò ulteriormente la mano sui jeans di lui. Lo trovò già in parte eccitato, quando strinse tra le gambe. Si abbassò sulle sue gambe, portando entrambe le mani sul suo inguine e iniziò lentamente ad abbassare la sua cerniera.

<Aspetta che mi fermo in uno spiazzo> Disse marco, il cui pene si stava ergendo già prepotentemente, schiacciato sotto i boxer neri.

<No! Non fermarti!> Replicò lei a voce alta. <Non smettere, guida. La velocità mi eccita. Forte. Vai più forte!>

Lui accelerò mentre la mano piccola di lei giungeva ad abbassare l'elastico dei boxer e afferrare e stringere la sua eccitazione. Un brivido di desiderio lo attraversò, mentre iniziava ad affrontare le curve che, in salita, riportavano la strada in alto, sulla scogliera.

Lei lo accarezzò un poco, su e giù con la mano, lentamente, stringendo e stuzzicando. Quindi abbassò ancora la testa sotto le sue braccia che manovravano il volante e lo prese tra le labbra. A Marco sfuggì un lungo gemito quando la lingua di lei lo avvolse, quando sentì leggeri i suoi piccoli denti bianchi stuzzicare la pelle sensibile dell'asta e le sue labbra stringersi e avvolgerlo in un lungo bacio profondo.

Era brava, pensò lui. Molto brava. La bocca saliva e scendeva lungo il suo cazzo durissimo, enormemente eccitato. Succhiava, leccava stringeva e solleticava. La mano restava ferma, solo stretta alla base per mantenerlo nella giusta posizione, mentre le labbra umide e la lingua frenetica facevano tutto il lavoro. Il respiro dell'uomo era sempre più affannato e faticava a mantenere la concentrazione sulla strada. La sua mente ora era preda di erotiche immagini, pensava di spogliarla, strapparle via jeans e mutandine. Immaginava come potesse essere nuda. Il sapore e l'aspetto della sua rosea intimità. Desiderava possederla, fotterla profondamente in ogni posizione. Sodomizzarla e farla urlare di voglia e piacere.

Un'altra parte della sua mente aveva già deciso di portarla a casa. Desiderava un letto, il suo letto e sopra quella ragazza nuda e aperta, tutta per lui. Intanto quella bocca vorace lo stava conducendo all'orgasmo, sentiva il piacere che saliva, che cresceva in lui inesorabile. Affrontò le ultime curve. Per fortuna ora c'era il rettilineo del ponte. Avrebbe potuto godere senza preoccuparsi troppo della guida.

<Sì, così. Adesso, continua così che sto venendo!< Le disse con voce roca mentre l'auto imboccava veloce, accelerando, l'alto ponte sul fiume.

Improvvisamente lei lo morse. I suoi denti strinsero forte, con rabbia. Sempre più forte. Marco urlò mentre la mano destra di lei, lasciata la base del pene afferrava il volante tirandolo giù, verso di sé. Con uno schianto fortissimo il coupè, lanciato ad alta velocità, urtò il parapetto in pietra del ponte sbriciolandolo, quindi con un lungo volo finì nel fiume sottostante. Un forte tonfo e le scure acque limacciose si chiusero sull'auto.



Il tenente Gironi, del corpo dei carabinieri, stava osservando i pompieri che, tramite un argano sollevavano dalle acque i resti della Porsche nera. Il nuovo giovane appuntato, Federici si avvicinò, facendogli il saluto.

<Signor Tenente, i sommozzatori hanno recuperato il corpo dell'uomo alla guida. Abbiamo le sue generalità, stiamo provvedendo ad avvisare i genitori. Era solo, nessun altro nella macchina>

<Sicuri fosse solo?> Rispose l'ufficiale.

<Sicuri signore, i sommozzatori hanno detto che entrambe le portiere erano ancora chiuse e sigillate. Hanno dovuto rompere un vetro per aprirle>

<Bene Federici, ottimo lavoro> Lo così congedò il tenente.

<Signore, posso farle una domanda?> Replicò il giovane carabiniere.

L'ufficiale acconsentì con un cenno della testa e un sorriso.

<uno dei sommozzatori del corpo diceva che questo ponte è maledetto, a cosa si riferiva?>

Il tenente scosse la testa.

<Vero, tu sei nuovo di qui. Questa è la terza auto con un uomo solo a bordo che finisce nel fiume negli ultimi sedici mesi. Inspiegabile. E poi c'è la storiaccia di quella ragazza, stuprata e gettata nel fiume, proprio qui, quasi due anni fa. Mai trovato il colpevole. Si chiamava Greta mi pare>


sabato 17 novembre 2012

La Tigre




La Tigre

Lo squillo della campanella lo interruppe.
- Continueremo la prossima volta ragazzi.
Disse raccogliendo libri e fogli sparsi sull'ampia cattedra in legno massiccio, mentre dall'aula molti studenti iniziavano ad alzarsi.
- Ricordate, eentro venerdì voglio la relazione sui punti di convergenza tragica tra Shakespeare e De Sade e il ruolo della donna in relazione al loro pensiero.
Sorrise sentendo il mormorio infastidito di diversi studenti, soprattutto il piccolo gruppo in alto a destra. Quei giocatori della squadra di football avevano scelto il suo corso pensando che, essendo stato in passato un abile quarterback, avrebbe avuto un occhio di riguardo. Non avrebbero potuto sbagliare di più.
Teste di legno” Pensò. “Nemmeno in grado di leggere fluentemente Skakespeare, altro che comprenderne le sfumature”.
Una studentessa, Jennifer Logan, si avvicinò ancheggiando in una minigonna che nulla lasciava all'immaginazione. Si fermò davanti a lui, più vicina di quanto l'etichetta o il buon senso potessero consigliare e gli parlò con la bocca talmente vicina che, non solo sentì il profumo della gomma alla menta, ma anche un sentore di cioccolato, probabile ripieno delle ciambelle della sua colazione.
- Professore, ricorda? Aveva promesso di mostrarmi le sue copie antiche di Amleto e Otello? Io nel pomeriggio sarei libera.
Sì, libera di farti sbattere per ore sul mio divano immagino. Puttanella
Pensò, ma sorridendo rispose:
- Mi dispiace, oggi non è possibile, ho un appuntamento irrinunciabile, ma venerdì sera sarò libero. Ti aspetto alle sette.
E così vedremo se sei apparenza o se sotto quella gonna c'è davvero del fuoco che arde
Disse tra sé, allontanandosi.
Richard Winthrop, professore emerito, lasciò l'imponente edificio della facoltà di letteratura della Miskatonic University per dirigersi al parcheggio del campus, da dove, tra gli sguardi curiosi e ammirati degli di studenti in giro, uscì rombando sulla sua Porsche blu.

lunedì 29 ottobre 2012

Sete Perversa



SETE PERVERSA

Lievi , profondi ansiti risuonano ritmici nel silenzio della stanza, seguendo in perfetta armonia il tempo lento e sinuoso del movimento sussultorio del suo corpo sopra il mio.
Ho sempre amato questa posizione, è l'unica che mi consente di mantenere una sufficiente lucidità mentale da dedicarmi all'osservazione, che mi consente di miscelare al piacere della penetrazione quello puramente mentale dello svelare, valutare e godere dei movimenti, della totale libertà della donna nell'atto.
E' veramente meraviglioso guardare così il suo corpo, che si inarca ad ogni sussulto, i suoi occhi che si chiudono mentre lei si perde nell'estasi, inoltrandosi in un mondo personale fatto di solo piacere, soli stimoli sensoriali ed elettricità pura, le sue labbra che trattengono a fatica il lamento, i muscoli delle cosce che si irrigidiscono in armonia con quelli vaginali stringendomi contemporaneamente inguine e corpo, come una doppia matrioska umana.
La sento ora avvicinarsi sempre di più al culmine mentre osservo la sua vena del collo pulsare, la mia mente si sintonizza quasi con lo scorrere impetuoso del suo sangue e così i miei pensieri tornano torbidi e perversi.

lunedì 15 ottobre 2012



Microracconti in 10 righe

Piccoli esercizi di scrittura dalla pagina “Microracconti segreti” di facebook, racconti che devono restare entro le 10 righe di lunghezza, spesso con un tema predefinito




Tema “l'ultimo valzer”




Vienna 1836

La contessina volteggiava leggiadra tra le mie forti braccia. Il suo abito rosa di raso e chiffon era lieve come seta e la mia mano destra, peccaminosamente e molto poco cavallerescamente le sfiorava il morbido sedere, celato sotto quella massa di stoffa. Nella mia uniforme di gala splendevo letteralmente sotto le luci del salone. “Capitano, mi state facendo davvero volare”. Mi disse con un sorriso malizioso. “Se mi concedeste almeno un bacio, dopo quest'ultimo Valzer saprei condurvi ancora più in alto”. Mi sfiorò appena il collo con le labbra, quindi terminata la musica fuggì da me, ancora una volta. Uscii dal palazzo. Le stelle autunnali sembravano ridere della mia solitaria eccitazione.
Mormorai tra me: 'Computer, termina il programma Vienna 1836 e ricarica Bordello Spaziale di Antares Quarto'







L'ultimo sarà mio

Allora, hai letto il nuovo tema dei micro?”
“Certo, ho un'idea geniale, ascolta: Lei attende, bellissima e affascinata dalla situazione. Noi siamo in quattro a disputarci l'ultimo, il più ricercato, irrinunciabile. Così ci battiamo per averlo, sfoderiamo le spade e il duello incalza. Finto, rinterzo, schivo, affondo e al fin della licenza io tocco! Così uno dopo l'altro li sconfiggo tutti e, assoluto vincitore, mi avvicino a lei.”
“Bello, mi piace, e dopo che accade?”
“Con fare sprezzante e sorriso vincente lo prendo con presa ferma dalle sue dita e lo divoro in un sol boccone, assaporando quel gusto irripetibile di crema al cioccolato e friabile sfoglia!”
“Il tema era l'ultimo valzer, non l'ultimo wafer! Pirla!”




mercoledì 10 ottobre 2012



ARTURO



Passare attraverso l'opaca, lucente barriera di energia fece vibrare la placca di fibracciaio celata sotto la mia spalla destra, ricordandomi per un fugace momento, come sempre succedeva, gli orrori della battaglia alle porte di Tannhauser.
Quindi dalla silenziosa, bianca asetticità del corridoio verde 17, della base spaziale Spazio Profondo 9, mi ritrovai nel caotico, rilucente, speziato, fumoso coacervo di umanità e alienità della Cantina di Mos. Come d'abitudine feci un solo passo in avanti, quindi mi fermai. Con un rapido ma profondo sguardo percorsi l'intero locale, valutando in pochi istanti tutti i presenti e catalogandoli mentalmente per grado di potenziale minaccia. Infine mi avviai lentamente, attraverso i numerosi e curiosi tavolini intagliati da singoli blocchi di cristalli di quarzo colorati di Altair Quarto, verso il bancone principale.
Quello che ai più sarebbe parso un tragitto casuale, era invece stato scelto con cura per poter passare alla giusta distanza ed osservare meglio quelle tre creature, tra le numerose del locale, che al primo sguardo potevano rappresentare un eventuale pericolo. Non ero sopravvissuto per trent'anni come cacciatore di taglie Pangalattico senza rendere istintivo lo studio costante di ogni luogo in cui mi trovavo.

lunedì 17 settembre 2012

 
 
 

Nuda e Cruda


L'acqua nella pentola bolle, scaldando il polsonetto di rame a bagnomaria. Con la frusta a mano sbatto rapido, in modo rotatorio i tuorli con lo zucchero, montando piano lo zabaione al moscato, il cui profumo si diffonde caldo e stuzzicante per la cucina. Tu sei seduta sull'alto sgabello in legno dello stretto tavolo a penisola, prolungamento a L dei fuochi che troneggiano al centro della stanza, così possiamo guardarci e chiacchierare mentre cucino per te. Come sempre sei completamente nuda. Ormai è più di un anno che ci gustiamo così le nostre cene, il nostro gioco complice.
Iniziò con una sfida. Era da parecchio che la nostra amicizia virtuale impegnava piacevolmente il nostro tempo e avevamo scoperto molto delle reciproche passioni, affinità e piaceri, tra cui la cucina. Avevo rimarcato più volte la mia abilità ai fornelli, così fu quasi scontato che un giorno mi chiedessi di invitarti a cena. In fondo era da tempo che avevamo deciso finalmente di incontrarci. Ciò che mi aveva spesso frenato era la consapevolezza che tu fossi più giovane e, come sapevo, molto bella, forse troppo. Inoltre mi avevi raccontato spesso del tuo approccio libero alla sessualità e di come il più delle volte preferissi non rivedere gli uomini con cui condividevi il piacere.
- Ma se io cucino per te, tu cosa farai per me? -
Ti dissi quando l'appuntamento per la nostra prima cena da me era ormai fissato. Conoscevo il tuo amore per il gioco e sapevo che avresti colto la mia sfida.
- Tu cosa vorresti che facessi? -
Rispondesti, con la tua voce così sottilmente erotica, con quel leggero accento che le tue origini Magiare conferivano al tuo italiano altrimenti perfetto.
- Vorrei che cenassi nuda, completamente nuda -

domenica 9 settembre 2012

Simply Red

 
 

Simply Red

Holding back the years,
Thinking of the fear I've had for so long.
When somebody hears,
Listen to the fear that's gone.

Guardo la mia mano, fletto le dita e le appoggio sulla porta. Percepisco perfettamente le sottili venature sotto i polpastrelli, accarezzo poi la superficie, fresca e lucida. So che i paradiso mi attende oltre la soglia, quindi scosto la porta, piano. Il liscio pannello di legno di ciliegio laccato scivola silenzioso verso destra scorrendo nelle sue guide, parallelo alla parete rivestita anch'essa dello stesso legno rossiccio. La grande stanza che scopro è quasi vuota, eppure calda e accogliente. Una grande, magnifica vasca ovale in marmo bianco, incassata profonda nel parquet, troneggia al centro e una leggera brezza marina mi accoglie, solleticando il mio viso e i miei capelli attraverso le grandi aperture porticate della parete di fronte. Appena oltre la stanza le scurissime rocce vulcaniche della scogliera precipitano a perdifiato verso il mare spumoso, azzurro e blu, le cui onde s'infrangono sui molti pinnacoli rocciosi che, come zanne sepolte di immani bestie primordiali, rompono la monotonia del mare innalzandosi neri e lisci contro l'azzurro del cielo. Un sole rosso, piccolo e intenso riflette se stesso sulle acque dell'orizzonte sfumandole di carminio e scaldando ai suoi raggi la mia pelle. Poi la vedo entrare e ogni altra cosa intorno perde consistenza nella mia mente.

mercoledì 29 agosto 2012

Bores contò il passaggio di undici monache e sette preti


Bores contò il passaggio di undici monache e sette preti.
Si mostrava capace col tempo e Marie aveva cessato ormai di angustiarsi per questa sua mania.
Restarono a lungo immobili, finché lui aprì la bocca, stizzito contro se stesso di mostrarsi così immusonito, chiedendosi, come sempre senza risposta, perché la sua mente non riusciva mai a mantenere un filo logico senza perdersi immancabilmente in oscuri voli pindarici.
Disse: << Io... non capisco. ma voi, però, avete fatto qualcosa?>>.
Aspirava e soffiava fuori il fumo. Tanto era grande lui, tanto piccola quella sottile sigaretta, un suo vecchio vezzo che mai aveva abbandonato.
Marie sorrise con uno sguardo complice: << in un modo, parola mia, di cui sono ancora adesso orgogliosa! Porta ancora il lutto di sua sorella!>>
Niente da fare, era una specie di estasi. Nel silenzio invernale inoltrato, il rimbombo del metrò che usciva imperioso dalla sua tana era ruvido, come il suo alito e le sue guance .
<< Non ti chiedo nulla, mi basta. >>
<< Prego? Ma se se stato tu a chiedermi che avevamo fatto. >>
<< Non vorrei essere testimone di fatti a me estranei, eppoi sei stata tu a voler raccontare >>
<< Eh? Ma tu guarda che stronzo, prima ascolti, poi chiedi, e adesso vuoi ritirarti?>>
<< Per riempire il silenzio posso tentare di ascoltarti. Se proprio ci tieni. >>
<< TU? Ma vaffanculo! >>
<< Grazie.. >>
<< PREGO! >>
Marie si alzò di scatto. Lui restò seduto sulla panchina sollevando lo sguardo su di lei mentre si allontanava freneticamente, un passo in linea con l'altro, le braccia aperte ad equilibrare un andamento leggermente alterato.
Era piccola, magra, armonica, con quelle gambe sottili, nervose che avrebbero eccitato qualsiasi uomo che l'osservasse camminare da dietro. Emanava un'irrefrenabile e naturale sensualità nel suo corpo, nel suo incedere. Aveva poi, in assoluto contrasto, uno sguardo fanciullesco, dolce, innocente e gentile. Lui invece aggrottava in quello strano modo verso l'alto le sopracciglia, così che la sua espressione normale sembrava sempre tesa all'implorazione.

domenica 26 agosto 2012

Cinquanta

 
 
 
 

Cinquanta


La macchina si ferma. E' un ragazzo piuttosto giovane che abbassa il finestrino elettrico. Non chiede nulla, mi guarda con un sorrisetto compiaciuto e aspetta solo che io gli dica il prezzo.
- Cinquanta -, dico con voce stanca.
Lui si allunga verso di me facendo di sì con la testa e mi spalanca con un gesto veloce la portiera.
- Che fai? Non sali? -
Mi dice il ragazzo, un poco spazientito.
Lo osservo. Ha un'ombra di barba, ma il viso gentile. Il look casual è più curato di quanto sembri, i jeans sono di marca, la camicia rivela la paperella brooksfield, e, sul polso della mano sinistra, brilla un rolex.
Salgo sull'auto. Una golf grigia, che, appena ho chiuso la portiera, parte rapida lungo la strada.
Mentre guida mi scruta con un'occhiata che sembra quasi un esame. Dal viso scende lungo il mio corpo fino alle gambe, quasi totalmente esposte dalla minigonna, che, sul sedile, è risalita ulteriormente. Poi torna a concentrarsi sulla guida, senza parlare.
Decido allora di provare a rompere il ghiaccio, forse è un timido, anche se non ne ha per nulla l'aspetto.
- Ciao, io sono Mary -

venerdì 17 agosto 2012



La Rossa

La pioggia scura, sporca e inquinata cadeva fitta e sottile sul parabrezza dell'auto. I tergicristalli ormai usurati stridevano nel loro ritmico, ipnotico incedere lungo il vetro. La fredda luce a led del lampione sotto cui eravamo parcheggiati illuminava appena l'interno del nostro abitacolo in quella plumbea notte di settembre.
Carlo, seduto al volante si era appena macchiato la divisa nera con una schizzata di maionese dal terzo tramezzino con cui si stava praticamente ingozzando. Io tornai a guardare, senza vedere, fuori dal finestrino le gocce che battevano sul freddo vetro contro cui la mia fronte era appoggiata. Mancavano ancora tre ore alla fine del turno, tre ore all'alba di un'ennesima nottata senza senso.
Erano ormai passati 5 mesi e 8 giorni da quando Elisabetta se n'era andata. Semplicemente ero rientrato a casa ed era sparita, insieme alle sue cose e anche diverse delle mie. A conti fatti non era stata una così grande idea portarmela a casa, ma era riuscita a farmi perdere la testa, e poi aveva un modo di scoparmi assolutamente irresistibile. Mi ero ritrovato innamorato perso senza accorgermene.
Non avevo più toccato una donna da allora, probabilmente non ero mai stato così a lungo senza godere, almeno da quando, ragazzino, avevo scoperto i primi piaceri della masturbazione.
Il microauricolare innestato dietro l'orecchio emise la nota pulsazione prima di una comunicazione dalla centrale, quindi la voce roca del maresciallo di guardia cancellò le immagini di Eli dalla mia mente.
- Auto 13, segnalate urla e rumori sospetti al terzo piano in via Umberto Bossi, civico 138, andate a controllare -

martedì 14 agosto 2012

La Biblioteca




LA BIBLIOTECA


Cammino silenzioso, distratto, sono entrato colto da improvvisa ispirazione, e forse anche per ripararmi dall'imminente temporale che si sta scatenando sulla città.
La biblioteca è antica, quasi vetusta, lunghi scaffali in legno scuro, odorosi di vecchio, di carta, di olio e cera per legno, ricolmi di libri di ogni genere, con un predominio di vecchi volumi.
Mi aggiro per le sale male illuminate, vuote, silenziose, i miei passi scricchiolano lievi sul parquet, quasi disturbando una strana sacralità del luogo, mi accosto ora ad uno scaffale, ora ad un altro, curiosando senza un preciso scopo.
Ecco una vecchia edizione della divina commedia, altri scritti di Dante, e Petrarca, poi la mia mano scivola sulla rilegatura de le fleur du mal, originale in francese di Baudelaire, e su Leopardi, e poi Voltaire fino a giungere su Borges, il libro di sabbia, e la biblioteca di babele. E' quasi un gesto automatico tirarlo verso di me con l'indice e sfilarlo dall'ordinata fila dei volumi, ed ecco improvviso mi appare un occhio bellissimo, verde, lucente come un mare calmo, e uno sguardo quasi sorpreso che mi fissa, dal lato opposto dello scaffale.
Uno sguardo dolcissimo, femminile, su cui mi soffermo a lungo, quasi ammaliato da un ipnosi ultraterrena. Finché un fortissimo tuono mi scuote e un rilucente lampo dalle alte e opache finestre contrasta lo spegnersi contemporaneo di tutte le luci del locale, lasciando tutta la biblioteca preda di un'oscurità intensa, interrotta solo dagli ormai frequenti lampi alle finestre. Quando però torno a fissare attraverso il piccolo spazio lasciato libero dal volume tolto vedo solo il vuoto, nessuna traccia dello sguardo, e della sua proprietaria.